martedì 10 luglio 2007

Tavolo Esuli-Governo

Il giorno 10 luglio 2007 alle ore 15.30 presso il Ministero dell'Interno in Roma, si terrà l'incontro di coordinamento con i responsabili dei gruppi di lavoro istituiti presso il Ministero dell'Interno sulle tematiche di:

Cittadinanza
Anagrafe e Figli dei profughi
provvidenze di carattere sociale a favore degli esuli Istriani, Fiumani e Dalmati.


L'incontro sarà presieduto dal Sottosegretario di Stato Ettore Rosato.




Sono invitati a partecipare i rappresentanti delle seguenti Associazioni:

- Federazione degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati

- Comunità Istriane

- Unione degli Istriani

- Libero Comune di Pola in Esilio


mercoledì 4 luglio 2007

Libero Comune di Montona in Esilio

Mario Andretti presidente degli Esuli da Montona
lunedì 02 luglio 2007

A seguito della recente scomparsa del generale dell’aeronautica Giuseppe Corazza, sindaco del Libero Comune di Montona in esilio, all’ unanimità i Montonesi hanno nominato Mario Andretti, ex celebre pilota automobilistico, quale nuovo sindaco del Comune di Montona in esilio, organismo che riunisce tutti gli esuli di Montona.

Mario Andretti, nonostante lo straordinario successo raggiunto per le sue doti sportive e imprenditoriali, è fiero delle sue origini istriane. Andretti è infatti nato a Montona (Istria) il 28 Febbraio 1940. Al termine della seconda guerra mondiale, la famiglia capisce che il paese in cui abitano è destinato a passare sotto la Jugoslavia. Decidono quindi di andarsene e passano molti anni nel campo profughi di Lucca (Toscana) per emigrare successivamente negli Stati Uniti.

Mario Andretti nel corso di tutta la sua carriera è riuscito a vincere in quasi tutte le competizioni su quattro ruote. Ha difatti conquistato nel 1978 il titolo di campione del mondo di Formula Uno. Capostipite di una vera e propria dinastia di piloti, dal 2005 ha l'onore di essere stato inserito nell'Automotive Hall of Fame che raggruppa le più importanti personalità distintesi in campo automobilistico. Nel 2006 è stato nominato Commendatore della Repubblica Italiana.

Vice sindaco del Libero Comune di Montona in esilio è stata nominata Simone Vicki Michelle Peri, già presidente della Famiglia Montonese, associazione che rappresenta gli esuli montonesi. La Peri è anche Consigliere Nazionale dell'ANVGD.

mercoledì 13 giugno 2007

Il Piccolo 09/06/07

Approvato, su proposta dell’assessore Antonaz, il programma 2007. Borse di studio e aggiornamento culturale

Minoranza italiana: il Friuli Veenzia Giulia stanzia 1,1 milioni di euro

Passa il piano dell’Università popolare di Trieste

RUDA La giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, su proposta dell'assessore alla Cultura Roberto Antonaz, ha approvato ieri il programma 2007, presentato dall'Università Popolare di Trieste, per lo sviluppo della comunità italiana in Slovenia e Croazia e per la tutela del suo patrimonio culturale e linguistico.

In coerenza con le disposizione delle leggi regionali in materia, il programma 2007 - ha reso noto la giunta Regionale - prevede un'equilibrata articolazione di interventi, coordinati con gli interventi finanziati dello Stato italiano, per la diffusione della cultura italiana, per l'aggiornamento degli insegnanti e per l'organizzazione di viaggi e corsi di istruzione.

Il preventivo del programma preparato dall'Università popolare è di 1,1 milioni di euro. Sono inseriti nel documento, fra l'altro, l'istituzione di borse di studio, il sostegno alla casa editrice «Edit», la fornitura di libri, giornali e riviste, l'invio di docenti dall'Italia nelle scuole della minoranza, seminari di aggiornamento per insegnanti.

Inoltre, l'organizzazione e lo scambio di spettacoli musicali, teatrali, cinematografici e folcloristici, viaggi di istruzione e studio e viaggi in Italia per le comunità degli italiani, infine l'organizzazione di colonie estive. Il provvedimento della giunta regionale si sviluppa in dieci capitoli armonizzati e collegati fra di loro. Saranno privilegiati gli interventi verso le attività tese a favorire la diffusione e la conoscenza nella Nazione d’origine, l’aggiornamento professionale dei giornalisti e degli studenti, la diffusione della cultura nazionale, con particolare riguardo ai complessi e agli organismi teatrali primari del Friuli Venezia Giulia presso le Comunità degli italiani, le scuole, le istituzioni e le organizzazioni del gruppo etnico. È prevista, infine, l’organizzazione di viaggi d’istruzione in Italia.

Tra i vari capitoli in cui si articola il provvedimento varato dalla giunta regionale del Friuli Venezia Giulia da sottolineare i 193.700 euro previsti per il rinnovo e la concessione di borse di studio riservate a connazionali diplomati presso le scuole medie superiori italiane dell’Istria e di Fiume per la frequenza di facoltà diverse pressole università statali e istituti universitari in Italia.

Altri 273.900 euro sono stati individuati, invece, per l’invio di docenti dall’Italia nelle scuole con lingua d’insegnamento italiana della Slovenia e della Croazia. Intervento finanziato anche con il contributo del ministero degli Esteri. Nella spesa è prevista altresì l’organizzazione di seminari annuali di aggiornamento didattico per gli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado.

Per l’organizzazione di viaggi d’istruzione e di studio a favore di studenti delle classi VIII elementari e per gli studenti maturandi sono previsti 320.500 euro.

Settantamila euro saranno destinati per prestazioni e scambio di spettacoli musicali, teatri di prosa, rappresentazioni folcloristiche, attività culturali e artistiche con la concessione di premi.

Infine altri 75milioni di euro sono stati destinati all’organizzazione di viaggi in Italia per le singole Comunità italiane dell’Istria di Fiume e del Quarnero.

Voce del Popolo: esuli e rimasti potere al dialogo

La Voce del Popolo 09/06/07

Settimo raduno Mailing List Histria : Esuli e rimasti, potere del dialogo


Esuli e «rimasti» potere del dialogo

Il settimo raduno della Mailing List Histria è vissuto su interventi di numerosi relatori. L'incontro, tenutosi a Palazzo Manzioli a Isola, ha fornito spunti, idee ed auspici per il futuro, ed è emerso quanto importante sia la collaborazione tra esuli e "rimasti" e l'impegno nella costruzione di un dialogo comune, che non dev'essere una mera utopia bensì un traguardo da raggiungere. Rispetto a qualche decennio fa, la realtà è mutata notevolmente, in meglio. La dissoluzione della Jugoslavia ha permesso un primo, per certi aspetti timido, avvicinamento tra le genti dell'Adriatico orientale che la storia aveva diviso, anche traumaticamente. Non sempre è stato possibile raggiungere gli obiettivi desiderati, complici anche le puerili diffidenze, le divisioni, ma anche le assurde etichettature affibbiate alle persone, o meglio alle istituzioni e/o associazioni che rappresentano, sia di qua sia di là dal confine – che tra breve verrà meno definitivamente –, che impediscono il riavvicinamento e la collaborazione, specialmente con la diaspora presente nel capoluogo giuliano.


Dalle comunicazioni esposte, invece, è emersa una posizione che esce dai tradizionali cliché. Le generazioni di "mezzo" ed i giovani guardano, per fortuna, con occhio diverso alla questione. Si tratta di una (ri)scoperta della terra dei loro padri e/o nonni, pertanto sono interessate alla storia, alla cultura, al territorio, nonché ad entrare in contatto con una terra che non è solo caratterizzata dalle tragedie del Novecento ma è anche e, sopratutto, luogo di interazione tra le etnie e le culture, che ha prodotto quella particolare civiltà adriatica, la cui componente romanza dette un contributo fondamentale, imprescendibile, che non si può ignorare. Ed il rispetto della storia, dei caratteri originari, poi, è un'altra dimensione che è emersa dagli interventi. Certo, non avrebbe alcun senso parlare di queste terre in senso "mononazionale", poiché la compresenza di più entità è una verità lapalissiana, ma al contempo è doveroso denunciare la storpiatura del passato, cioè la rilettura stereotipata ed artificiosa dei tempi andati – spesso in senso nazionalistico –, in quanto tendono a cancellare l'essenza di quella civiltà sorta lungo i lidi adriatici, che subì influenze reciproche, poiché a queste latitudini il mondo neolatino e quello slavo si intrecciano, e le popolazioni di quest'area, per secoli, hanno convissuto in armonia. Per non cadere nella banalità è importante sottolineare le dicotomie esistenti ed è fondamentale osservare la storia abbandonando quella che è la situazione attuale, completamente diversa dalla realtà del passato, anche da quello più vicino a noi. Sarà l'affermarsi delle coscienze nazionali a provocare le prime divisioni, e, soprattutto, i totalitarismi che funesteranno l'area senza risparmiare nessuno. Se la politica ed i nazionalismi avvelenarono gli animi, bisogna rammentare anche che le popolazioni autoctone – tranne qualche eccezione – non si divisero etnicamente. Le fusioni e la convivenza continuarono nonostante i soprusi compiuti dai regimi, e a testimoniarlo ci sono, in primo luogo, i legami di parentado.


Il Novecento adriatico è contraddistinto dalle violenze, fascista verso Sloveni e Croati e da quella comunista jugoslava nei confronti delle comunità italiane. È doveroso, anche, ricordare che in una dozzina di anni dalle coste dell'Adriatico orientale la componente italiana scomparve o quasi. La sparuta presenza italiana rimasta, ridotta ormai a piccola minoranza, oggi rappresenta i resti, la "testimonianza" di un popolo, non giunto per volere di qualcuno, bensì autoctono e sviluppatosi lungo questi lidi. La comunità "rimasta", indebolita in tutti i sensi, guarda con un certo interesse alla possibilità di creare dei rapporti con chi se ne è andato, e lo stesso si può dire anche con una parte degli esuli, e in modo particolare con i figli ed i nipoti di quest'ultimi, poiché vedono nei connazionali, oggi presenti in Slovenia e Croazia, un interlocutore con cui avviare un discorso, e al tempo stesso sono sensibili nei confronti delle sorti dei connazionali stessi.

La Mailing List Histria ha più volte sensibilizzato l'opinione pubblica del Bel Paese e il mondo della politica, presentando i problemi della minoranza, e ha fatto conoscere a quest'ultima la realtà degli esuli, non solo quella triestina – più o meno nota – bensì anche quella presente in un contesto più ampio. Grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, che annullano le distanze e avvicinano terre lontanissime, abbiamo constatato che vi sono non poche persone disposte al dialogo, e perciò sono interessate a quanto viene tuttora fatto in Istria a Fiume e in Dalmazia a favore della lingua e della cultura italiana. È non è un interesse scialbo o ipocrito. Si tratta di donne e uomini che hanno un profondo legame con la terra d'origine ed auspicano pertanto di poter condividere qualcosa con coloro che in quelle contrade ancora ci vivono e testimoniano la presenza italiana.

Il concorso letterario che viene promosso da questo gruppo di persone, ed appoggiato da varie associazioni della diaspora, sono altresì un'ottima iniziativa culturale che sta dando interessanti risultati. Da quegli elaborati emerge che un mondo e una cultura sono ancora vivi, nonostante tutto e tutti. La cultura è un vettore eccezionale per trasmettere conoscenza e creare legami tra le persone. È importante continuare l'opera iniziata, cercando di intavolare un dialogo costruttivo: l'Europa dei popoli, della concordia e della collaborazione deve nascere per volere spontaneo delle persone che credono in ciò che fanno. Ogni forzatura, nata da esigenze "istituzionali", invece, rappresenterebbe solo una grande ipocrisia ed una perdita di tempo!


Kristjan Knez

Giornale di Brescia su Esuli e Rimasti

Giornale di Brescia 01/06/07

Gli esuli: sì al dialogo ma i beni vanno restituiti (2) Toth e Lacota ribattono alle tesi «minimizzatrici». La «rimasta» Nelida Milani: invitateci al Giorno del Ricordo Gli esuli: sì al dialogo ma i beni vanno restituiti

POLA (Istria)

«Tanti innocenti sono finiti in foiba come reazione all'italianità di questa terra. Ricordo i cittadini di Pola che si addentravano nella campagna a comprare cibo e non facevano più ritorno». Al circolo degli Italiani di Pola, Nelida Milani accetta, dopo qualche titubanza, di aprire il suo cassetto della memoria. Nella scrittrice istriana (autrice di "Una valigia di cartone" e, con Anna Maria Mori, di un capolavoro come "Bora") affiora il tormento dei «rimasti», degli incompresi da tutti: «Noi, figli di antifascisti, eravamo tra due fuochi, nell'impossibilità di una scelta di campo, perché appartenenti a entrambi i mondi, italiano e slavo. Oggi il tessuto umano e antropologico è completamente cambiato, i matrimoni misti hanno annacquato la tensione. Resta il fatto che i croati rappresentano un popolo appena statalizzato, non ancora abituato a fare i conti col passato, che usa il nazionalismo come autodifesa della propria identità». Ma è servito a qualcosa il «Giorno del ricordo»? «Sicuramente - si rianima la professoressa Milani -, perché ha avuto il merito di smuovere il dibattito, ora però bisogna fare in modo che la prossima edizione venga arricchita da convegni e tavole rotonde cui possano prendere parte anche storici croati ed esponenti della minoranza italiana Altrimenti il solco fra i due paesi si approfondirà». Già. Ma è facile immaginare il tasso di «infiammabilità» di questi confronti, vista la distanza siderale che la differente lettura della Storia frappone tra le due sponde dell'Adriatico. «Non scherziamo per favore sulle cifre - è il cortese invito che rimbalza dal telefonino del senatore Lucio Toth, presidente dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia - perché ormai anche gli storici liberal e di sinistra concordano sul fatto che le vittime italiane furono almeno 5-6.000. Bisogna tener conto, poi, anche degli scomparsi, di quelli di cui non è rimasta traccia, che portano il numero totale dei morti a 15-20.000.
Quanto agli esuli, la cifra di 350.000 non ce la siamo inventata noi. Ne parlarono tanto De Gasperi quanto Tito, ma basta contare le schede degli assistiti dall'Opera Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, 255.000. A questi vanno però aggiunti tutti quelli che non hanno avuto bisogno di passare per i campi profughi o che hanno scelto di andare in altri paesi, come Australia, Canada, Argentina L'indignazione di Toth raggiunge il picco quando si parla della natura del fenomeno: «Come si fa a negare che ci fu una ben studiata pulizia etnica, quando lo stesso Kardelj (strettissimo collaboratore di Tito, ndr) lo scrisse in un suo libro? Come far finta di non sapere che, specie nel 1945, vennero uccisi soprattutto quelli che non erano compromessi col fascismo, e quindi erano rimasti, ma semplicemente non volevano l'annessione alla Jugoslavia? Come negare le liste di proscrizione, con i nomi di 6.000 persone da eliminare?». Ma ci furono anche le feroci rappresaglie sulle popolazioni slave, gli ricordia- mo. «Quelle più grandi le hanno fatte i tedeschi, mentre tra i soldati italiani ci furono episodi di vendette in Montenegro e Dalmazia, come frutto di esasperazione per i massacri dei loro commilitoni. Perché far pagare gli italiani in Istria?

Taglia corto Massimiliano Lacota, presidente di un'altra associazione, l'Unione degli Istriani: «I gesti simbolici di riconciliazione, come avvenuto in Germania e Repubblica Ceca, fanno bene ai politici, ma non risolvono i problemi concreti. Mi riferisco alla restituzione delle proprietà confiscate agli italiani e in molti casi teoricamente ancora disponibili. Ci sono interi villaggi, paesi, strade completamente abbandonati, come a Portole, Montona, Momiano, Buie, perché la Croazia non vuoi sentire ragioni?». «Noi - va al nocciolo Lacota - siamo arrabbiati soprattutto con l'Italia, che ha pagato i danni di guerra alla Jugoslavia con i beni degli esuli, facendosi dare un mandato in bianco da chi partiva spinto dalla paura e dalla disperazione. Una grande truffa,
Un'altra immagine di profughi contraria ai trattati internazionali e che finalmente anche l'Onu ha riconosciuto, dandoci ragione». «La pulizia etnica - conclude il combattivo presidente dell'Unione degli Istriani, che a Bruxelles ha aperto un ufficio per seguire da vicino il "dossier restituzioni" aperto con gli uffici Uè - c'è stata eccome. Nessuno nega le colpe del fascismo, ma se sloveni e croati vogliono il dialogo devono riconoscere le loro responsabilità».

v.di.do

lunedì 11 giugno 2007

Il 12 giugno è la vera liberazione di Trieste?

Si legge oggi sul sito dell'Unione degli Istriani - LIbera Provincia dell'Istria in Esilio quanto segue. E' un testo che fa riflettere e che non mancherà di suscitare, anche qui a Telemaconet , ragionamenti e considerazioni.

UNIONE DEGLI ISTRIANI
LIBERA PROVINCIA DELL'ISTRIA



COMUNICATO STAMPA

Martedì prossimo la solenne commemorazione sul Colle di san Giusto, promossa ogni anno
dall'Unione degli Istriani e dalle associazioni combattentistiche e d'arma
Il 12 giugno tradizionale cerimonia in ricordo della vera Liberazione di Trieste
Nella ricorrenza del 62° anniversario del ritiro delle truppe titine da Trieste, previsto anche
l'intervento del presidente Lacota


Anche quest'anno, il 12 giugno verrà celebrata solennemente la ricorrenza della Liberazione
di Trieste dall'occupazione jugoslava, durata appena quarantadue giorni, durante i quali però la città conobbe momenti di terrore, violenze e barbarie mai conosciute prima, con centinaia di
infoibamenti selvaggi che coinvolsero italiani, sloveni e serbi di Trieste e dell'Istria, vittime spesso innocenti di una furia omicida e sanguinaria che coinvolse anche, nello stesso periodo, molte centinaia di goriziani.

I Quarantadue Giorni di Terrore e violenza

L'occupazione jugoslava di Trieste inizia dopo l'insurrezione di Fonda Savio e don Marzari
contro i Tedeschi all'alba del 30 aprile 1945, che pur ridotti ad una sorta di retro-guardie non
disposti a recedere dai combattimenti: infatti il grosso delle Truppe della Wehrmacht e della
Kriegsmarine è già sulla via del ritorno.

Dopo sanguinosi scontri a fuoco i "Volontari della Libertà" hanno il controllo di buona parte
della città ed issano il Tricolore sul palazzo comunale e sulla Prefettura, ma i Tedeschi rifiutano di arrendersi per consegnarsi agli Alleati.

Il 1° maggio, quelli che Togliatti invita i triestini a chiamare "liberatori" e che arrivano in città sono i partigiani jugoslavi, che organizzati meglio ripeteranno le stragi commesse in Istria dopo l'8 settembre 1943.

Le milizie jugoslave del IX Korpus sloveno e della IV armata di Petar Drapsin, giunte in città a marze forzate per precedere gli anglo-americani (che arriveranno il giorno seguente con la 2
Divisione neozelandese del gen. Freyberg) disconoscono da subito i "Volontari della Libertà" ed assumono pieni poteri. Affidano il comando a Josip Cemi, sostituito poi dal gen. Dusan Kveder.
Impongono, a guerra finita, un lungo coprifuoco (dalle 15 alle 10!), limitano la circolazione dei
veicoli, dispongono il passaggio all'ora legale per uniformare la Città al "resto della Jugoslavia" e
danno carta bianca alla polizia politica, l'OZNA, le cui modalità d'azione superarono quelle della
Gestapo. Prelevano giornalmente dalle case i cittadini, pochi fascisti o collaborazionisti, ma molti combattenti della Guerra di Liberazione.

L'otto maggio proclamano Trieste "città autonoma" nella "Settima Repubblica Federativa di Jugoslavia", con le altre sei: Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Serbia, Montenegro, e
Macedonia. L'unico quotidiano è "Il nostro Avvenire", schierato in funzione anti italiana.
In città vige il tenore, si scopre presto dove vanno a finire i cittadini arrestati oppure prelevati nottetempo dalle proprie abitazioni: nelle foibe o nei campi di concentramento, come quello di Borovnica, anticamera della morte. Arresti indiscriminati, confische, requisizioni, violenze
d'ogni genere, ruberie, terrorizzano ed esasperano triestini ed istriani che invano richiedono l'aiuto del Comando Alleato.

La prima settimana di giugno gli Angloamericani, bisognosi di dispone del porto di Trieste
per le linee di comunicazione verso l'Europa centrale, intimano alle truppe slave di ritirarsi aldilà della "Linea Morgan", facendo affluire due Divisioni, ed alcune unità navali da combattimento. Il 9 giugno Tito, constatata l'indisponibilità di Stalin a sostenere l'ambizione jugoslava, a Belgrado, fa arretrare le sue truppe, sottoscrivendo l'accordo proposto dagli Angloamericani: un accordo che costituirà anche lo sciagurato prodromo della definitiva perdita dell'Istria .

Il 12 giugno del 1945 l'evacuazione ha termine e la città è libera dal terrore. In città restano gli irriducibili, i sostenitori, che proseguiranno la lotta, non disdegnando ancora il ricorso alla pratica delle foibe.

Sono stati quaranatadue giorni di supplizio per la città” spiega il presidente dell'Unione degli Istriani Massimiliano Lacota “che però ancora oggi qualcuno, come Togliatti allora, intende salvaguardare in una mendace ed oltraggiosa memoria come giorni di Liberazione. In realtà, quella fu l'occupazione peggiore che Trieste conobbe nel corso della sua millenaria storia”.

Il 12 giugno deve necessariamente essere elevato a ricorrenza solenne del Comune di Trieste, è una richiesta che l'Unione degli istriani, che da anni commemora l'evento, ha già presentato più volte nel corso degli ultimi due anni”. “E' un preciso dovere degli amministratori della città e dei
rappresentanti delle varie componenti etniche della città sostenere questa sacrosanta istanza,
poiché a subirne le conseguenze non furono soltanto italiani ma chiunque, sloveni, croati, serbi, non si allineava all'imperialismo jugoslavo
” conclude Lacota.
UNIONE DEGLI ISTRIANI


Lutto Brazzoduro

Si legge sul sito del CDM- Arcipelago Adriatico quanto segue:

08/06/2007 - Lutto in casa Brazzoduro

Le sentite condoglianze del CDM

E’ venuta a mancare questa notte, Annamaria, cara consorte di Guido Brazzoduro, Sindaco del Libero Comune di Fiume in Esilio, Vicepresidente ANVGD, e già Presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli.
Il Presidente Renzo Codarin con i collaboratori del CDM, si associa al dolore della famiglia. All’amico Guido Brazzoduro l’abbraccio e l’affetto di chi è stato testimone della sua strenua lotta, condotta insieme ad Annamaria, per tentare di sconfiggere prima, ed alleviare poi, il male che l’ha stroncata.
I messaggi di cordoglio possono essere inviati alla famiglia Brazzoduro, Via Felice Bellotti 1, Milano 20129, o direttamente al nostro indirizzo e.mail info@arcipelagoadritico.it e gli saranno da noi recapitati.



Naturalmente Telemaco si associa alle condoglianze per il grave lutto che ha colpito l'ex presidente della Federazione.